Vivere con Gioia

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un concetto, un’idea, un modo di stare…

Credo che un presupposto per vivere con gioia siano le opportunità che ci permettono di essere generosi, con noi stessi e con gli altri. Le situazioni che sollecitano la condivisione , la compassione , l’accettazione, la gratitudine. Il sentire che tutto è perfetto, e pertanto, accettabile, senza resistenze. Tutto quello che succede dentro e fuori di noi, succede per noi, per la nostra evoluzione. Basta saperlo leggere, dargli il significato che merita.

La mia esperienza è iniziata con ‘vivere con cura’, la madre di tutte le iniziative che hanno preso forma più tardi. Nel maggio del 2005 mi recai con un’amica, un sabato pomeriggio, sul promontorio di Fiorenzuola di Focara, un luogo caro a Dante Alighieri e a tutti quelli che per caso o per scelta hanno avuto l’occasione di passare di là. Quel pomeriggio il parco del San Bartolo era in festa e le strade popolate di curiosi e di merce ecologica e biologica. Grazie ad una saponetta all’ortica e a un depliant che trovai sulla stessa bancarella, venni a conoscenza che in Molise, e non solo, si ‘viveconcura’. Quella saponetta non sapeva, allora, che mi avrebbe aperto una finestra in un mondo stupendo. Accanto a quel prodotto casareccio, umile e autentico, c’era un volantino che pubblicizzava una serie di iniziative in una strana località chiamata Capracotta, definita il Tibet Italiano. Tra queste spiccava ‘yoga ad alta quota’, ‘laboratorio saponificio’, ‘passeggiata e convivio erboristico’, esperienze al lavatoio. La curiosità ebbe un picco in quel momento e nello stesso tempo fra me e me avevo già deciso di scoprire questo luogo nuovo. Credevo potesse valer la pena passare qualche giorno per fare tutto quel ben di Dio di esperienze proposte. Fu così che nell’agosto successivo, ovvero tre mesi dopo, approdai assieme a due amiche, in quel luogo dimenticato , solitario, silenzioso eppur incredibilmente pulsante. Capracotta è il luogo più vicino al cielo, la dogana che ti dà l’accesso al paradiso. Il suo guardiano è Antonio, anima folletto che si stenta a credere non appartenga al mondo di mezzo, quello, appunto delle fate e degli gnomi. La sua anima vagabonda ma generosa ha creato laboratori conviviali, aprendo la casa come se fosse un rifugio per tutti i passanti che vi approdano. Dove l’odore di muffa sa di antiche sapienze, di soffitte inesplorate da tempo, di nonne che raccontano favole e cuociono crostate di mirtilli nella cucina calda di vapori. Dove la stufa accesa ha sempre una pentola in cui bolle qualche cibo da condividere. In quella cucina sono nati i convivi erboristici, dopo raccolte avventurose, nei prati circostanti, dove l’ortica domina sovrana fra tante erbe più o meno conosciute. Ognuno aveva il suo compito, in quel gioco di squadra meraviglioso. Sonia raccoglieva le erbe e le faceva diventare degli strumenti magici, non solo per i riti dei vari solstizi ed equinozi, ma anche per deliziare i nostri palati trasformandole in gradevoli contorni o tisane dalle svariate proprietà. Antonio ci conduceva tra sentieri non tracciati, muniti di cesto e cappello. E subito ci ritrovavamo per incanto in una natura accogliente, dove ogni cosa era al suo posto, pronta per essere raccolta o semplicemente osservata, contemplata. Col tempo le cose cambiano, il mondo si evolve e i nuovi mezzi di comunicazione stravolgono anche le più meravigliose abitudini. I convivi con poche persone sono perfetti da vivere nella casa accoglienza di Antonio, che ne possiede una anche a Triora, il paese delle streghe. Anche là approdammo, e in quella esperienza ho avuto modo di gustare un paesaggio completamente diverso. Un mondo sospeso tra campi di lavanda e colline che guardano il mare da lontano, ammiccando ai confini con la Francia. Dove abbiamo fatto l’esperienza di lavare i panni al lavatoio, come le donne di una volta. Una emozione unica, nella cornice inquietante del mondo delle streghe, dove le loro anime sembrano sopravvive nell’aria e nelle cose.

Quando lo spirito folletto di Antonio, casalingo appassionato, iniziava ad avere divergenze col modo di vedere le cose dei suoi collaboratori, che erano già pronti ad entrare nell’ingranaggio della globalizzazione, le strade si divisero, mossi da spiriti e connotazioni diverse. ‘Viverecongioia’ nacque da questa divergenza. I contenuti possono essere considerati simili, però cambia decisamente la cornice. Il luogo dove si svolgono le esperienze di scambio non è più una casa privata, ma la struttura pubblica, ovvero, la country house, il bed & breakfast, l’albergo, l’agriturismo che aderisce alla filosofia dell’offrire qualcosa di più allo stesso prezzo, grazie ad operatori che mettono a disposizione i loro talenti in cambio di vitto e alloggio. In un intreccio di attività, riflessioni, chiacchierate e silenzi, che arricchiscono l’anima e generano nuovi incontri, nuove amicizie e nuove idee. ‘Viverecongioia’ può essere considerata una forma più allargata e globalizzata rispetto al progetto iniziale ideato da Antonio. Avendo vissuto entrambe le esperienze, posso dire che nella prima c’era una forma di genuinità casereccia, persino una intimità nei rapporti, una forma di cameratismo solidale, collegiale e un senso di appartenenza alla stessa famiglia. Chiaramente la struttura pubblica ha un’altra anima e una forma completamente diversa di contenere la proposta, forse più adatta in un mondo sempre più globalizzato. Lo spirito è comunque sempre quello di offrire opportunità al maggior numero di persone di aggiungere qualità alla propria vita attraverso diverse tecniche olistico-spirituali.

Viverecongioia è per me la continuazione di una ricerca, un viaggio nei miei paesaggi interiori, già iniziato con ‘vivereconcura’. Sono state comunque due grandi benedizioni perché tutto quello che ho dato, è ancora mio, non l’ho perso ma l’universo me lo ha restituito moltiplicato. Di esperienze, di affetti, di opportunità, di emozioni, di condivisioni. Un cammino nei miei spazi più intimi, viaggiati in lungo e in largo, per trovare quella connessione col divino, anche per sole poche ore. Per rendermi conto che c’è , anche se non è sempre facile mantenerne la consapevolezza. Per capire che quella cosa di cui sempre si parla, ‘la gioia che viene da dentro’ non è solo una frase fatta ma è un sentire che ha mille possibilità di accadere, quando siamo pronti, né un minuto prima, ne un minuto dopo. L’universo trova sempre il modo per ricompensare la generosità. Lo fa anche suscitando il senso di gratitudine. Namasté, non vuol dire solo ‘il dio che è in me saluta il dio che è in te’. In India si pronuncia Namasté per ringraziare non solo chi da ma anche chi riceve. Vuol dire grazie per aver ricevuto questo mio gesto d’amore. Noi operatori di viverecongioia dovremmo trasformarlo nel nostro mantra preferito, la nostra parola d’ordine che accoglie l’altro nel dono che stiamo per offrire: il nostro talento e il nostro tempo.

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