Solitudini

Queste sono storie di persone che ho incontrato nel mio mestiere di psichiatra. Sono voci, ma anche urla, a volte pianto o ancora silenzi brevemente interrotti. Non parlano a me solo. Sono storie vere, ancorché rese irriconoscibili quel che basta per garantirne l’anonimato. Sono storie vere e dunque marginali: ché del loro dolore e del loro senso nessuno debba sapere, ché il nostro infinito bisogno di rassicurazione non venga lacerato da alcun vento imprevisto, ché le nostre malferme certezze non vengano inquietate dai nostri sensi di colpa. Al centro del nostro interesse deve rimanere l’irreale, la quotidiana finzione. Tutto il resto va allontanato, rimosso. A meno che non si tratti di cronaca, che preferiamo perché effimera, fatta per essere costantemente superata da un’altra più recente e sbalorditiva, dunque ansiolitica. Queste storie non consentono consolazione, né pretendono di insegnare. Non ostentano di sé, parlano in privato, richiedono complicità.

Cleo commenta:

SOLITUDINI  è un libro intenso, come il dolore dei protagonisti  che permea ogni pagina.

L’autore sembra scomparire lasciando parlare la sofferenza stessa, che  si narra  senza pudori, in ogni sua espressione.

Ogni ‘male’ è un gioiello luminoso che indica ai protagonisti la via interiore. Attraverso la sua forza devastante traghetta queste anime disperate  nella propria zona intima, protetta da fili spinati. Spazio spirituale che accoglie i veleni e li trasforma in medicina. E così che  il dramma si fa rimedio. Rifugio, coccola, carezza che preserva dal soccombere.

“Svalicare” il dolore significa attraversarlo, accettarlo. Per poter dissolverlo e lasciarlo andare. Solo chi tenta di liberarsene ne rimane imbrigliato.