Bellezza e Benessere nell’antico Egitto

La Valle del Nilo è la sede della più antica storia di popoli. Regalata dal fiume, questa terra ha dato al mondo più oro di quanto non pesi, tanta ricchezza da far si che i carri fossero rivestiti in lamine d’oro, che fossero erette le piramidi da migliaia di schiavi. Ricchezza tale da permettere a Cleopatra di inventare il più antico cocktail, quello con le perle fuse.

Nella società egizia era molto sentita l’esigenza di mantenere uno standard ottimale di salute e bellezza. La medicina aveva radici sacerdotali e la magia dominava il pensiero medico. I papiri medici abbondavano di invocazioni e formule magiche. Gli Egizi erano convinti che molti mali dipendessero da spiriti maligni o demoni annidati qua e là nelle varie parti del corpo.

In Egitto l’igiene personale era una esigenza che tra i nobili si traduceva in quattro bagni di pulizia quotidiana. Lo stesso Erodoto scrive su questa abitudine degli alti ranghi, le cui case erano dotate di apposito bagno. A corte esisteva la carica di capo della camera da bagno, conferita ad un funzionario fidato, con lo scopo di controllare che il servizio igienico destinato al Faraone fosse organizzato in modo scrupoloso. Gli Egizi avevano anche la buona abitudine di lavare le mani prima e dopo i pasti. Prima ancora del sapone usavano come detergente terre o sali con funzione abrasiva. Le loro conoscenze delle sostanze naturali erano precise e dettagliate. La cura del corpo era intesa come esaltazione della bellezza. La cosmesi egizia, così come ci è pervenuta, sembra frutto dell’iniziativa sapiente di alcuni uomini colti, fantasiosi e creativi. Anche se i loro primi laboratori di fitocosmesi erano il prato e la foresta, non risulta una pratica da primitivi ma da veri cultori e conoscitori delle materie prime, che venivano scelte in modo appropriato alla funzione.

La cura del corpo ha le sue origini nella terra di Cleopatra. Nella cultura egizia i riti di conservazione miravano all’immortalità. Il corpo femminile aveva un valore riconosciuto, seppur non manifesto. Ad esso venivano dedicate cure particolari con l’utilizzo di formule e rimedi naturali.
La bellezza in Egitto trovava i suoi rimedi nel mondo vegetale e nella terra. L’argilla fin da allora era riconosciuta come un elemento prezioso e veniva usato come maschera per purificare viso, corpo e i capelli, in quando ha effetto chelante, favorendo l’eliminazione delle impurità. Nello stesso tempo le sue capacità di scambio ionico, permettevano la rimineralizzazione delle parti trattate e il drenaggio dei liquidi in eccesso. Il corpo era considerato un luogo sacro, la ‘casa dell’anima immortale’. Gli egizi credevano che la vita e la bellezza potessero continuare nell’aldilà. Tutto ciò che concorreva a rendere più bello e forte il corpo non era mai fine a se stesso ma aveva anche un significato spirituale, un rito sacro : “…Rendi il tuo corpo forte e felice e cura te stesso per rispetto al Signore dell’Universo”.
Gli Egizi credevano che al punto di morte il Dio Osiris avrebbe posto loro due domande e la qualità delle risposte poteva influenzare il loro viaggio nell’aldilà. La prima era “Hai dato felicità?”, la seconda “Ha trovato la felicità?”. Le due azioni erano considerate doveri sacri ed equivalevano al ‘celebrare la vita nel diffondere la gioia’.
Il Sole esprimeva come in altri popoli della storia il senso del divino e aveva una incarnazione terrena nel Re, diretta espressione del Dio Sole. “Il profumo, bruciando, sale in alto verso il sole”. Le resine profumate, bruciate durante una cerimonia funebre, simboleggiavano il soffio della vita immortale. Il profumo, per gli egizi era impalpabile come lo spirito. Il profumo era anche simbolo di gioia e di soddisfazione erotica. La cura del corpo era espressa anche attraverso il massaggio, fatto con unguenti e olii profumati. Le donne egizie usavano metter sul capo un cono aromatizzato con essenze di diverse piante. Il lento scioglimento del grasso (che fungeva da compattante delle varie essenze) liberava tutta la fragranza. Il cono racchiudeva significati diversi, decorativi da un lato e cosmetico-terapeutici dall’altro, tipico delle società culturalmente evolute.

Il sapere dell’antico Egitto è fondato sulla conoscenza diretta della natura e da questo sapere scaturivano formule, sapientemente applicate per la bellezza, ( nell’arte i soggetti erano raffigurati eternamente belli e giovani). Per gli Egizi la bellezza era un concetto innato ed immanente con la realtà circostante. Era la creazione stessa del mondo e delle sue creature. Il popolo egizio perseguì una costante ricerca estetica trasformando comuni pratiche in un processo culturale. Le pratiche di cosmesi per gli Egizi avevano una motivazione rituale e simbolica, oltre che terapeutica (proteggersi gli occhi dalla luce abbagliante e dalle infezioni con il kohl (kajal) o ungersi la pelle per proteggersi dalla disidratazione).

La lingua dell’antico Egitto aveva due parole per esprimere il concetto di bellezza. La prima è nefer, inteso come perfetto, armonioso, equilibrato, ben fatto, buono. La seconda è an , inteso come ornato. La vanità non aveva distinzione di sesso. Sia le donne che gli uomini la esprimevano ornandosi con trucchi e gioielli, parrucche e tinture per capelli. Il mondo ideale dell’Egitto antico aspirava alla bellezza e all’armonia intesa come equilibrio, sia fisico, che mentale, fonte di piacere e salute.

La seduzione era ornamento, ma anche pelle curata, depilata (per uomini e donne). La barba non rasata era segno di basso rango o di disagio emotivo, incuria. La pelle liscia era elemento di seduzione molto importante, soprattutto per le donne, che si depilavano con impasti di ossicini di uccelli bolliti e tritati, misti a sterco di mosca, succo di sicomoro e cetriolo. La depilazione era fondamentale per la preparazione all’atto sessuale.

La pelle liscia era mantenuta tale con l’uso di impasti di miele, sale, polvere di carbonato di soda. L’utilizzo di acqua di palude (acqua argillosa) per impastare i vari ingredienti ribadisce il fatto che sin da allora erano riconosciute le proprietà purificanti dell’argilla. Inoltre, lo strofinamento della pelle con unguento garantiva un leggero effetto abrasivo contro le macchie, le imperfezioni e irritazioni di ogni tipo. Nell’antico Egitto esisteva una figura professionale molto particolare: il guardiano di unguenti. Questo può far pensare alle connotazioni di preziosità degli stessi. Erano molto usati i grassi di animale (toro, oca, coccodrillo, leone, ippopotamo, serpente). Sinonimo di salute, forza ed energia vitale, i grassi venivano usati sia per tonificare la pelle che per renderla più elastica (visto il clima caldo della regione). Impregnati di essenze fungevano da barriera antisettica e repellente contro i microrganismi e gli insetti. I coccodrilli erano gli animali più preziosi, venivano allevati con cura e persino mummificati, in quanto riveriti perchè paragonati al sole che ogni mattina esce dall’acqua. ‘Signori delle acque’, erano considerati il simbolo della fertilità e garanzia di piena del Nilo, quindi di abbondante raccolto.

La detergenza del viso e del corpo avveniva con l’uso di prodotti ottenuti dalla mescolanza di sostanze alcaline con oli, oppure con acqua filtrata attraverso le ceneri grazie ai sali alcalini rilasciati nel passaggio. Per frequenti lavaggi ricorrevano a terre come l’argilla che aveva la proprietà di ripulire la pelle assorbendo i grassi aderenti ai tessuti e alla pelle.

La cura del corpo era un processo culturale comune non solo ai faraoni sacerdoti ma anche ai popolani. La lubrificazione della pelle avveniva con sostanze emollienti e aromatiche (olio di balano, dattero, mandorle, sesamo, ricino, e, dopo la metà del II millennio a.C anche l’olio di oliva). All’olio aggiungevano essenze per prevenire le rughe, oppure resine balsamiche come quelle di cipresso, mirra, galbano. La tonificazione avveniva con l’uso di acque aromatiche ottenute per macerazione di fiori di rosa, giglio,loto, ninfee, gelsomino. In alternativa si cospargevana di latte o di miele per mantenere la pelle morbida e fresca. Le donne di rango superiore si facevano massaggiare dalle schiave con unguento di rosa o a base di olio di mandorle, miele, vino aromatico, resine e cannella. Anche le ancelle non rinunciavano alla cura del corpo seppur usando olii meno pregiati come quelli di ricino, arricchito con profumi più volgari come la menta, timo, origano.

I capelli, come la pelle, erano oggetto di cura per entrambi, donne e uomini. Gli uomini portavano capelli corti e le donne lunghi. I sacerdoti si radevano in segno di purezza. Indipendentemente dalla bellezza dei capelli e dalla età, sia uomini che donne usavano la parrucca. I capelli venivano colorati con l’henné (foglie e radici di Lawsonia Inermis) che cresceva sul delta del Nilo. L’henné, conferendo ai capelli e alla pelle un colore rosso, simbolicamente possedeva un richiamo al fuoco, all’energia, al calore, quindi, seduttivo. I colori sgargianti erano preferiti dagli egizi quale segno di personalità anelante alla voglia di vivere e alla immortalità.

Il trucco del volto era molto diffuso tra le donne egizie . I cosmetici erano a base di ocra rossa, olii e resine gommose per facilitarne l’applicazione. Lo specchio, mimando il sole, è per gli egizi il simbolo della vita stessa. Nelle cerimonie la danza degli specchi assume una funzione religiosa. Le sacerdotesse nelle processioni funerarie portano specchi dietro la schiena per diffondere la luce materna e protettrice della Dea (Luna).

I tessuti di prestigio dell’Antico Egitto erano il lino bianco, detto lino reale in quanto usato dai nobili e per l’imbalsamazione. Pianta delicata dai fiori celesti, coltivata da 5.000 anni, richiedeva un lungo e delicato processo di lavorazione.

La mirra, elemento altrettanto sacro nella cultura egizia, era considerata una pregiata essenza (resinosa) e impegata per fumigazioni , cosmesi e imbalsamazione. Le sono riconosciute proprietà cicatrizzanti, utilizzata per lenire ferite (Maria Maddalena curò le ferite di Gesù con aloe e mirra), per labbra screpolate, per idratare la pelle mescolata a olio di base quale l’olio di oliva o di jojoba. Veniva usata per l’igiene orale quale colluttorio disinfettante. La mirra veniva usata per la profumazione degli abiti impastata con cannella.

L’alimentazione degli Egizi si basava sul pane, fondamentale per la sopravvivenza. Il grano kamut, cereale antichissimo coltivato nelle fertili valli mesopotamiche, era la base preziosa di questo alimento dei faraoni. Nella lingua egizia antica, significava ‘anima della terra’ e alcune ricerche lo fanno risalire a circa 6000 anni (con la scomparsa della civiltà Egizia fu interrotta per secoli la sua coltivazione,  ripresa dopo la seconda guerra mondiale).

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L’orzo era un’altro grande protagonista della alimentazione egizia. Questo cereale veniva coltivato in abbondanza per le sue proprietà terapeutiche. I chicchi d’orzo e di grano servivano a fare un curioso test di gravidanza e per determinare il sesso del nascituro (dopo averli bagnati con un po’ d’urina della gravida, germinavano se la donna era incinta. Se a germinare erano quelli di orzo avrebbe partorito un maschio, se germinavano prima quelli di grano, una femmina).

Il malto d’orzo veniva usato per fare la birra e la scoperta di questa bevanda, tipicamente egizia, fu attribuita ad Osiride. Gli Egizi bevevano sia la birra che il vino.

L’eccesso di cibo veniva additato quale causa di malattie dovute invece a tossinfezioni alimentari. Gli Egizi avevano avevano un grande spirito di osservazione e sperimentazione e la loro farmacopea si arricchì sempre di più di rimedi vegetali, minerali e animali. Degli animali usavano soprattutto il grasso, il fiele e le corna. Frequente era il ricorso alle terapie minerali con tutti i rischi che queste comportavano: natron, rame, calcare, composti arsenicali, oro. Nel campo vegetale, eccellevano in sperimentazioni. Alcune piante e spezie, usate dagli Egizi, trovano ancora nel mondo moderno un vasto consumo come l’Aloe vera, la cannella, il mirto, i semi e frutti di acacia, la mirra, il cui profumo stimola alcune ghiandole endocrine quale la pineale e la pituitaria. Molti sono i papiri di carattere medico, rinvenuti. I più famoso è il papiro di Ebers che consta di 877 formulazioni divise in 33 gruppi in base alle malattie. Vi sono descritti medicamenti per la tosse, gli occhi, i capelli, la pelle, il fegato, i morsi di coccodrillo. Per i rimedi in polvere le sostanze veicolanti più usate erano la birra, il vino, l’acqua ed il miele. Più raramente l’olio. Gli olii erano la base dei cosmetici egizi e i più usati erano quello di mandorle (delicato e nutriente) e quello di sesamo, schermante e protettivo contro i raggi solari. Quello di ricino era meno raffinato e di largo consumo nella popolazione povera.

I miti : il loto è l’elemento mitologico più interessante in quanto ha il valore simbolico di rinascita e salvezza. Il sole nasce da un loto galleggiante sulle acque primordiali. Legato al ciclo della vita, esprime il vitale rapporto degli Egizi con l’acqua.
Per la ricchezza di questo elemento la valle del Nilo era considera ‘terra dell’abbondanza’. La sapienza del suo popolo l’ha resa ancora più ricca e grazie a questa eredità possiamo ancora godere di insegnamenti preziosi. Perpetuando antichi riti e abitudini possiamo anche nella nostra modernità, caoticamente invasa da migliaia di prodotti industriali, provare ad imitare quel gioco meraviglioso che è il prendersi cura di sé, servendoci degli elementi che la natura ci offre da sempre, per assaporare il gusto della propria perfezione. Visto che ogni vita, ogni corpo, ogni anima è una parte della perfezione dell’universo.

* molte informazioni di questo articolo sono state tratte dal  libro ‘la bellezza femminile nell’antico egitto’ – Aboca Museum edizioni

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